Si può definire il primo piacentino che, di fronte alla occupazione dell’Italia da parte dell’esercito della Germania nazista, decide immediatamente di scendere in campo per la difesa del proprio Paese. Giovane sottotenente di fanteria in una caserma del Friuli, il 13 settembre 1943, mentre i suoi superiori all’arrivo degli invasori si danno alla fuga, lui si arma e raggiunge i primi partigiani della zona. Per le sue doti organizzative e militari gli vengono affidate responsabilità crescenti, fino a quella di comandante di Brigata. All’inizio del dicembre 1944, nel corso di un poderoso rastrellamento delle forze nazifasciste, ne fronteggia personalmente una squadra fino alla morte.
È, con Paolo Araldi, uno dei due partigiani piacentini a cui, nel 1946 , dalla appena nata Repubblica Italiana, è stata conferita, alla memoria, la Medaglia d’Oro al Valor Militare, medaglia a suo tempo istituita per militari “degni di pubblico onore”.
Gli studi e il servizio militare
Giannino Bosi è nato a Piacenza il 22 Febbraio 1920. A quattro anni perde il padre, ufficiale del Regio Esercito morto in conseguenza delle ferite subite nel corso della prima guerra mondiale. Svolge gli studi ginnasiali nel Collegio S. Vincenzo a Piacenza e diventa anche socio della GIAC (Gioventù Italiana di Azione Cattolica), sfuggendo invece dalle associazioni fasciste. Conseguita la maturità al liceo scientifico si iscrive alla facoltà di Economia e commercio dell’Università Cattolica di Milano, dove prende parte alle attività della FUCI (Federazione Universitari Cattolici Italiani).
L’8 agosto del 1942 interrompe forzatamente gli studi perché chiamato sotto le armi.
Frequenta il corso allievi ufficiali di complemento nella scuola di Avellino. Nominato sottotenente,
il 1° Settembre del 1943 prende servizio nella caserma “Principe Umberto” di Cividale del Friuli.
L’adesione al movimento partigiano.
Il 13 settembre, mentre le forze hitleriane d’occupazione stanno arrivando a Cividale, Giannino Bosi, dopo aver inutilmente sollecitato i suoi superiori ad organizzare la difesa, avendo avuto notizia della presenza di resistenti nel territorio montano, prende armi e munizioni e li raggiunge. Questi sono in realtà partigiani sloveni in lotta contro chi ha invaso, già nel 1941, il loro Paese. Ma nel Friuli a metà settembre si formano anche i primi gruppi di partigiani italiani. Giannino Bosi si unisce a questi ed entra a far parte del battaglione Garibaldi che opera nella zona di Montefosca.
Adotta, quale nome di battaglia, quello del martire trentino Battisti e subito si fa notare per le grandi capacità militari e organizzative. Con lo sviluppo del movimento partigiano è designato comandante del nuovo battaglione “Pisacane”, poi vice comandante della prima Brigata Garibaldi costituita in Italia, la Brigata Garibaldi “Friuli”. Più avanti è investito del comando della nuova Brigata “Tagliamento”, dislocata nel pedemonte tra i fiumi Tagliamento e Menduna.
Il comandante “Battisti”.
Anche il comandante “Battisti” deve fare i conti con i problemi tipici delle forze partigiane, quali la penuria di armi e di munizioni e l’inesperienza militare di gran parte dei suoi uomini. Sa comunque che la forza dei partigiani dipende pure da un buon rapporto con la popolazione locale. Anche a tal fine fa pubblicare e contribuisce a scrivere un giornalino della sua brigata che informa sugli obiettivi della Resistenza: “Il Garibaldino”. Il primo numero esce nell’agosto del ’44. A contatto con gli esponenti comunisti, promotori delle formazioni garibaldine, che gli appaiono i più determinati alla lotta contro gli occupanti hitleriani ed il regime fascista, Giannino Bosi si è avvicinato ai loro orientamenti ideali e politici.
Quella è la fase in cui i partigiani hanno scacciati i presidi nazifascisti da molti comuni e si è costituita l’ampia Zona Libera della Carnia e del Friuli. Ma dopo l’alleggerimento, in novembre, della pressione militare degli Alleati sul fronte della Linea Gotica, l’esercito tedesco può liberare dal fronte e inviare anche in Friuli grossi reparti contro i partigiani. Un poderoso rastrellamento li investe all’inizio di dicembre ‘44. Dopo aver subito gravi perdite sono costrette a sganciarsi verso la montagna.
La morte in combattimento.
Nevica. Battisti ha difficoltà di movimento per una ferita ad un ginocchio di qualche tempo prima. E’ sofferente e febbricitante. Dà indicazioni per la messa in salvo degli uomini della sua brigata e, non volendo essere di peso nella ritirata, lui si ferma fra le case di Pàlcoda, piccola frazione, incassata in una stretta valle, del comune di Tremonti di Sotto. Gli è vicina e non accetta di lasciarlo la staffetta partigiana Jole de Cillia “Paola”. Quella stessa notte – 9 dicembre 1944 – giunge nel paese un reperto della Decima Mas. Battisti si difende con raffiche del suo mitra; anche Paola usa un’arma. Cadono entrambi crivellati dai colpi dei fascisti.
Dopo la Liberazione la salma di Giannino Bosi viene traslata al cimitero di Piacenza; sulla sua tomba una statua lo raffigura e ricorda.
La concessione, alla memoria, della Medaglia d’0ro al Valor Militare, interviene con decreto della Presidenza del Consiglio dei ministri del 9 ottobre 1946. Alla memoria di Jole de Cillia è stata concessa la Medaglia d’Argento.
Bibliografia
Alberto Buvoli, Il partigiano “Battisti”, Il Poligrafo, Udine, 1995.