
Cortebrugnatella è un comune dell’Appennino piacentino, a monte di Bobbio, con territorio in prevalenza alla sinistra del fiume Trebbia e in parte alla destra del torrente Aveto. Negli anni della Seconda guerra mondiale ha circa 1.700 abitanti, distribuiti nelle diverse frazioni. La sede comunale è a Marsaglia, centro abitato con non più di 200 residenti ma, posto com’è sulla strada statale della Val Trebbia alla confluenza della strada di fondovalle della Val d’Aveto, al tempo fondamentali vie di comunicazione fra Genoa e la Liguria con la Val Padana, il suo controllo viene ripetutamente conteso fra le forze militari nazifasciste e le formazioni partigiane. Queste, in conseguenza di come si è sviluppata la Resistenza in alta Val Trebbia, vengono a far parte dell’organizzazione territoriale della VI Zona partigiana, ligure, e non della XIII Zona, piacentina.
Il primo gruppo di ribelli
Il primo gruppo di ribelli nell’alta Val Trebbia piacentina si forma proprio nel comune di Cortebrugnatella, nella frazione di Sanguineto, dove si era rifugiato un ex ufficiale sloveno, Gašper Čavernik, che nel 1941 era stato deportato in Italia a seguito dell’occupazione italiana del suo Paese. Dopo che questi si è procurato le prime armi, disarmando due guardie della GNR fascista sulla corriera per Rezzoaglio, si uniscono a lui, nei primi mesi del 1944, una decina fra ex militari sfuggiti il 9 settembre 1943 alla cattura tedesca e alla deportazione in Germania e giovani di leva che si sono sottratti al reclutamento del rinato regime fascista. All’inizio di maggio attaccano a Rovaiola il presidio fascista di cinque militi che proteggono le abitazioni del podestà del comune di Cortebrugnatella e del segretario del “fascio”/ proprietario di una bottega. Costringono tutti alla fuga e prelevano i beni alimentari del negozio, ma nello scontro uno di loro rimane mortalmente ferito: Luigi Mazzolini, ventisettenne di Brugnello.
Trasferiscono poi la propria base a Cerignale dove diventano noti come “Banda Gaspare”. All’alba del 4 giugno scendono a Bobbio e nella caserma del centro avvistamento aerei Dicat, sorprendono nel sonno la quarantina di militari addetti, li immobilizzano e si portano via tutte le loro armi e munizioni. Dopo questa clamorosa azione, nuovi ribelli provenienti da diversi comuni dell’alta Val Trebbia si uniscono alla banda, che raggiunge una sessantina di componenti: fra questi due residenti a Marsaglia, il giovane Giuseppe Paramuzzi “Pino”, di famiglia genovese e studente alle Magistrali di Bobbio, e il capo-cantoniere e già arruolato nella Dicat, Giuseppe Salami, 28 anni, che diventa il braccio destro di Gaspare. Vi aderisce anche la futura eroina della Resistenza piacentina Luisa Calzetta, residente nel parmense ma venuta a vivere presso la famiglia della madre nella frazione di Lupi.
Sotto la guida di Gaspare e di Salami i componenti la banda effettuano continui attacchi ai mezzi militari di passaggio sulla Statale 45 – pongono un posto di blocco anche a Marsaglia – e catturano automezzi, armi, beni alimentari e addirittura 40 militari nemici, fra cui 15/17 tedeschi, custoditi a Cerignale. Catturano infine anche due ufficiali tedeschi ed uno fascista, ma questi, condotti a Cerignale, vengono fucilati. La cosa fa molta impressione sugli abitanti.
Lo scioglimento della Banda Gaspare da parte della Brigata Cichero
Fra primavera ed inizio estate del ’44 il movimento partigiano si sviluppa fortemente in tutto il Nord Italia e si organizza in brigate e divisioni, in Zone Operative e in organi politici, i CLN, composti da esponenti dei partiti antifascisti. Il consenso ed il sostegno delle popolazioni è considerato fondamentale. Nella media Val Trebbia fino al comune di Bobbio è presente la Brigata Giustizia e Libertà (in seguito Divisione) al comando dell’ex ufficiale dei carabinieri Fausto Cossu, nell’alta Val Trebbia ligure la Brigata Cichero, al comando di Aldo Gastaldi “Bisagno”. I capi della Banda Gaspare, sicuri di sé per i successi ottenuti, vogliono invece mantenere autonoma la propria formazione e fare a modo loro. Ma fra l’1 e il 2 luglio gli uomini della Cichero intervengono in forze nel territorio fra Ottone e Marsaglia, bloccano e disarmano Gaspare, Salami e tutti i componenti della banda e poi, nel corso di un raduno/processo ad Ottone, gli impongono di aderire alle formazioni partigiane “regolari”.
Il controllo della Statale ’45 passa sotto il controllo di un distaccamento della Cichero che più avanti diventerà la Brigata Jori al comando dell’ex carabiniere ligure Stefano Malatesta “Croce”.
Rioccupazione nazifascisata e nuova liberazione partigiana di Marsaglia e della Val Trebbia
A fine agosto ’44 le autorità militari tedesche e fasciste inviano diversi reparti della Divisione alpina Monterosa, addestrata in Germania, a riconquistare il controllo perduto della Statale 45 e della Val Trebbia. In questa occasione le forze nazifasciste si vendicano degli smacchi subiti due mesi prima dalla Banda Gaspare, incendiando il paese di Cerignale e a Marsaglia la casa di Paramuzzi e di Salami. I partigiani sostegno qualche combattimento ma infine sono costretti a ritirarsi dai centri abitati di fondovalle che, compreso Marsaglia, vengono occupati da reparti della Monterosa.
Nel frattempo in Val d’Aveto si è insediata, proveniente dalla val Nure, la Brigata partigiana Caio al comando di Ernesto Poldrugo “Istriano”, della quale sono entrati a far parte anche il Čavernik e Salami. A Salami è stato affidato da Istriano il comando del distaccamento Mazzolini (nome del caduto a Rovaiola), dislocato attorno a Marsaglia. Conosce bene la zona e guida i suoi uomini in continue azioni. L’11 settembre prende contatto con gli alpini di presidio a Marsaglia e li convince a disertare. Arriva però un altro reparto della Monterosa a dare la caccia ai partigiani. Si scontrano con questi ma prevalgono gli uomini di Salami e ci rimette la vita il comandante di quel reparto. Il 16 settembre, Salami porta i suoi a tendere un agguato sulla Statale 45 ad un automezzo tedesco con un carico di alpini: i nemici subiscono perdite ma nello scontro rimane ucciso anche il partigiano Severino Balletti di Cortebrugnatella. Salami non ritiene invece possibile affrontare la forte colonna della Monterosa che il 29 transita sulla strada della Val d’Aveto e si presenta con la bandiera bianca a parlamentare con il loro comandante, poi si ritira, ma intanto i suoi uomini hanno convinto undici soldati nella coda della colonna a unirsi a loro , portando con sé armi e muli.
In pratica i reparti della Monterosa inviati in Val Trebbia e Val d’Aveto si sfaldano, quegli alpini non vogliono combattere contro i connazionali partigiani. In ottobre l’alta Val Trebbia e la Val d’Aveto tornano sotto il sotto controllo delle formazioni della Resistenza: Brigata Jori e brigata Caio.
Arrivano i nazi-“mongoli” della Turkestan
A fine novembre ‘44 è direttamente il Comando militare tedesco a mettere in campo una intera sua Divisione, la Turkestan – composta anche con soldati asiatici, i “mongoli” – per realizzare un generale rastrellamento che faccia piazza pulita dei ribelli in tutta la provincia di Piacenza. E’ la fase più difficile e tragica per le forze della Resistenza. Ovunque i partigiani sono costretti a ritirarsi davanti ai rastrellatori. In fuga da Bobbio, una parte gli uomini della VII Brigata GL raggiungono Marsaglia con un camion e poi imboccano la strada verso Ferriere, ma ad Ozzola l’automezzo si ribalta e gli occupanti cercano rifugio nella zona.
L’8 dicembre Istriano dalla Val d’Aveto, passando per Marsaglia, scende con parte della Brigata Caio a liberare Bobbio, presidiata dai granatieri della divisione fascista Littorio, ma dopo un iniziale successo è costretto a ritirarsi e perde 6 dei suoi uomini, dei quali 2 feriti a morte in combattimento e 4 catturati e subito fucilati in piazza a Bobbio. Il 10 dicembre sono le forze nazifasciste a fare da Bobbio una prima puntata offensiva verso l’l’alta Val Trebbia, arrivano a Marsaglia e vi pongono un proprio presidio.
Comunque, a differenza delle brigate partigiani piacentine che, circondate ed incalzate dai reparti della Turkestan, temporaneamente si sciolgono, dopo aver subito gravi perdite, in alta Val Trebbia e in Val d’Aveto Istriano e Croce riescono a portare in salvo e a tener uniti i propri uomini. Poi anche decine di soldati “mongoli” passano con la Caio e l’armamento delle due brigate si potenzia con i lanci aerei degli Alleati. Così già nel mese di febbraio 1945 liberano definitivamente la Val Trebbia e la Val d’Aveto dalla presenza delle forze nazi-fasciste e verso la fine di aprile concorrono anche alla stessa Liberazione di Genova.
Prima però, nel territorio della Caio, fra cui Cortebrugnatella, il comando della brigata – che comprendeva anche un futuro sindaco di Parma, il giovane Vincenzo Baldassi – aveva promosso la costituzione di nuove amministrazioni comunali antifasciste e democratiche. A Marsaglia , dopo venti anni di potere podestarile, era stato insediato un consiglio comunale rappresentativo della popolazione delle diverse frazioni.
R. R.
Bibliografia
- Michele Tosi, La repubblica di Bobbio, Archivi Storici Bobiensi, 1977
- Antonio Testa, Partigiani in Val trebbia, la Brigata Jori, Genova 1980
- Cavanna/R. Repetti, Comandanti partigiani giunti da lontano, pagg. 10-170, Edizioni Pontegobbo, Bobbio 2018
- Bruno Garaventa, Stefano Malatesta “Croce” Comandante della 3a Brigata Garibaldi “Jori”, Genova 2025
Partigiani originali del comune di Cerignale, n. 27
Partigiani caduti, n. 2:
- BALLETTI SEVERINO, anni 21
- MAZZOLINI LUIGI, anni 27,
Internati militari In Germania (IMI), n. 1 (Bruni Rossi, anni 20)
Testimonianze
-Lapide sulla facciata del municipio, con l’elenco dei caduti nelle guerre del Novecento
–Lapide con le immagini dei due caduti partigiani nel cimitero di Marsaglia