Ottone partigiana

 

Stefano Malatesta “Croce”, anni 29, ex carabiniere di servizio a Piacenza, comandante della III Brigata Garibaldi “Jori” della Divisione ligure “Cichero”, dislocata in alta Val Trebbia.

Quello di Ottone (circa 3.000 abitanti durante la guerra, meno di 400 nel 2025)  è l’ultimo comune piacentino dell’Alta val Trebbia, oltre inizia la provincia di Genova. La sua storia partigiana rientra, salvo che per quella iniziale della “Banda Gaspare”, in quella della Divisione ligure “Cichero”, storia di rilevo perché caratterizzata fra l’altro da due poderose e sanguinose operazioni militari nazifasciste per sottrarre ai partigiani il controllo della Statale 45 di fondovalle della Val Trebbia.

Un numero limitato di ottonesi entra nelle file dei combattenti partigiani, ma contribuisce alla Resistenza gran parte della popolazione delle frazioni, ospitando nelle proprie case i partigiani provenienti da altri territori, dividendo con essi le scarse risorse alimentari locali e condividendo con gli stessi i rischi e le violenze delle incursioni delle forze militari nazifasciste.

“La scintilla” e la “Banda Gaspare”

In alta Val Trebbia i primi resistenti sono ex militari sfuggiti dopo l’8 settembre 1943 alla cattura e deportazione in Germania (oltre 60 sono gli ottonesi che hanno subito quella condizione), nonché giovani delle nuove leve, che il regime fascista, rinato a seguito della occupazione tedesca, pretende di arruolare per la guerra al servizio degli occupanti. Già verso la fine dell’ottobre ‘43, alcuni di questi, 10 – 15,  provenienti dal territorio ligure e che dispongono  di qualche arma, si rifugiano sul crinale fra Bogli, nell’alto ottonese, ed il monte Antola: saranno poi chiamati “La Scintilla”, quella che ha acceso il fuoco della Resistenza. In dicembre, un reparto  della polizia militare fascista, la GNR, che ha assorbita l’arma dei carabinieri e ne utilizza le caserme, nella sua caccia ai renitenti da Valsigiara sale fino a Bogli, trova vuoto e incendia il “casone” rifugio di quei primi ribelli, ma attaccato da questi è costretto a ritirarsi.

I renitenti all’arruolamento fascista dei comuni piacentini da Bobbio ad Ottone aderiscono invece durante i primi mesi del ’44 alla Banda Gaspare, che raggiunge la consistenza di una sessantina di aderenti, con base a Cerignale.  Dopo essersi riforniti di armi con un colpo di mano in una caserma militare di Bobbio,  iniziano a portare attacchi ai mezzi militari tedeschi e fascisti in transito sulla Statale 45, catturano automezzi, e fanno prigionieri. A fine giugno ‘44 hanno praticamente il controllo della Statale. La GNR è costretta ad abbandonare la caserma di Ottone dove si insedia un distaccamento della “Gaspare” con a capo l’intraprendente partigiano ottonese Gino Castelli “Gigino”.

La Brigata “Jori” 

Nel frattempo è nata nell’entroterra di Chiavari la formazione partigiana “Cichero” con comandante  Aldo Gastaldi, detto “Bisagno”, già ufficiale dell’esercito. Questa formazione nel marzo ’44 incorpora il gruppo “La Scintilla, diventa in giugno una brigata e all’inizio di luglio assorbe anche parte degli uomini della Banda Gaspare. La sua competenza territoriale si estende così dall’appennino ligure e piemontese anche all’alta Val Trebbia piacentina: comuni di Ottone, Zerba e Cerignale. Con i suoi successi contro le forze  nazifasciste e la crescita delle adesioni, la “Cichero” all’inizio di agosto diventa una divisione suddivisa in più brigate.

Bisagno ha affidato l’organizzazione dei partigiani in alta Val Trebbia a Stefano Malatesta, 28 anni, originario della provincia di Genova, già carabiniere in servizio alla stazione ferroviaria di Piacenza, che si era unito ai partigiani con il nome di “Croce” dopo aver visto passare il convoglio che nell’ottobre del ’43 deportava  in Germania i circa 2.000 carabinieri disarmati a Roma dai militari tedeschi. Attorno a “Croce”, comandante deciso ma anche prudente, che sa infondere sicurezza ai suoi uomini, nasce la Brigata “Jori”, che aggregherà alla fine quasi 400 partigiani. Subentra alla Banda Gaspare nel controllo della Statale 45, e disloca lungo di essa diversi posti di blocco, fra cui uno a Ponte Organasco. La sede del comando è posta sotto il Monte Antola e un distaccamento e a Suzzi. A Bogli – 1.067 m. di altitudine – vengono custoditi i prigionieri catturati negli scontri con le forze nemiche. Questo rapporto con i paesi più alti e isolati del comune di Ottone assicurerà agli uomini della Jori dei sicuri rifugi in occasione dei grandi rastrellamenti antipartigiani.

“Monterosa” e “Turkestan” alla caccia dei partigiani

La Statale 45 e quindi la Val Trebbia sono  considerate un collegamento strategico fra Genova e la Val Padana dai comandi tedesche e fascisti, che vi organizzano quindi due poderose spedizioni militari per sottrarle al controllo dei partigiani.

La prima operazione inizia verso la fine dell’agosto ’44, con l’impiego in particolare dei battaglioni della Divisione Alpina Monterosa da poco tornata dall’addestramento in Germania. Ad Ottone arriva un contingente da Torriglia. L’operazione è però a tenaglia, un altro contingente composto anche da soldati tedeschi scende dall’alto in Val Boreca. Le formazioni partigiane reagiscono con le armi, in alcuni punti riescono ad arrestare le forze nemiche, ma dopo aver subito delle perdite, si sganciano, si ritirano in zone più alte non investite dal rastrellamento e dove lo stesso e già passato. In questo periodo perde la vita, presso Torriglia, anche un partigiano di origine ottonese, Alberto Canevari.

I centri urbani lungo la Statale 45, compreso quello di Ottone, vengono presidiati da reparti della Monterosa, ma le formazioni partigiane si riorganizzano rapidamente e premono su quei presidi, anche diverse centinaia di quegli alpini passano dalla loro parte. Entro il mese di ottobre la Val Trebbia torna libera  e il controllo della Statale 45 in mano ai partigiani.

Allora i comandi militari della Wehrmachat assumono in prima persona l’iniziativa e a fine novembre ’44 mettono in atto il secondo grande rastrellamento con l’impiego della loro Divisione “mongolo”-tedesca Turkestan. E’ il periodo più duro e tragico non solo per i partigiani delle Val Trebbia ma anche per l’insieme della popolazione perché  le forze nazifasciste danno corso ad una violenza senza precedenti, depredano, incendiano, uccidono anche i civili.

Anche questa volta i reparti nemici giungono da diverse direzioni. Nell’alta Val Boreca  dal Passo del Brallo, fronteggiati l’11 e 12 dicembre dagli uomini della Jori assieme a partigiani pavesi. Lungo la Statale ‘45  giungono da Bobbio e sono affrontati dai  partigiani della Jori il 15 e 16 dicembre a Ponte Lensino e a Carisasca e poi ancora il 15 e 16 a Ponte Organasco. In tal modo ne ritardano l‘avanzata verso Torriglia per il  tempo necessario ai diversi distaccamenti partigiani di sganciarsi e occultarsi. I nazifascisti si sfogano sulla  popolazione civile: il 18 dicembre nei pressi della chiesa di Campi è ucciso per rappresaglia Franco Molinelli (detto Cecchino) di  24 anni;  il 19 dicembre, Silvio Molinelli, 30  anni, e Giannino Nobile, 18 anni, sono catturati presso Gorreto mentre vanno ad approvvigionarsi di acqua salata, subito fucilati e gettati nel sottostante greto del Trebbia.

Partecipazione alla liberazione di Genova

Però, finito il rastrellamento, le forze militari dei nazifascisti riescono a mantenere il controllo in Val Trebbia solo dei centri maggiori: Bobbio, Marsaglia e Torriglia. Già il 10 gennaio 1945 i partigiani tornano a Ottone e riprendono il controllo della Statale 45. Un ultimo combattimento nei pressi di Ottone si svolge il 20 febbraio.

In quanto componenti di una divisione partigiana ligure, pure i partigiani della Brigata Jori muovono infine verso Genova e partecipano il 25-26 aprile 1945 alla liberazione di quella città, dove migliaia di sodati ed ufficiali dell’esercito hitleriano sono costretti ad arrendersi nelle mani dei

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Partigiani ottonesi combattenti e ottonesi appartenenti alle S.A.P. di montagna

Non si è in grado in occasione della stesura di questa voce di determinare il numero complessivo dei partigiani combattenti ottonesi, presumibilmente alcune decine. E’ documentato che almeno tre facevano parte della Brigata “Caio” dislocata in Val d’Aveto al  Comando di Ernesto Poldrugo “Istriano”, facente parte anch’essa della Divisione “Cichero”: Mario Canevari, classe 1922, Massimo Canevari di Orezzoli, cl. 1925, e Antonio Rebolini, cl. 1922, nato in comune di Zerba. Invece Mario Isola, cl. 1886, nato a Mezzano Scotti (al tempo comune di Travo), ha appartenuto alla 7a Brigata “Cerri” al comando del bobbiese Italo Londei. La maggior parte  dei partigiani di Ottone ha però aderito alla Brigata Jori e il volume di Antonio Testa “Partigiani in Val Trebbia – La Brigata Jori”, edito nel 1980, elenca anche i nomi di tutti gli appartenenti alla brigata ma, a parte Gino Castelli “Gigino”, non sono individuabili quelli di Ottone in questo testo perché non ne sono indicati i comuni di origine/residenza.

Una iniziativa originale realizzata dalle brigate della Divisione Cichero è quella della costituzione delle S.A.P. (Squadre di Azione Patriottica) di montagna. Vi sono stati organizzati i valligiani, in particolare i giovani, che pur continuando a dedicarsi alle normali attività presso la propria famiglia, e quindi vivendo legalmente, erano di aiuto ai partigiani, procurando loro ad esempio dei rifugi, fornendo informazioni sui movimenti dei nemici e su soggetti sospetti, collaborando al trasferimento di materiali e al reperimento di viveri. Nel volume sopra richiamato sono elencati 44 residenti nel comune di Ottone che facevano parte di queste squadre d’azione patriottica, e il dato particolarmente significativo è che 22 erano donne, donne sensibili e coraggiose, quale Adolfina Lavezzoli che nell’osteria di Valsigiara, che gestiva con un fratello, era un punto informativo essenziale per i partigiani, che a lei avevano anche affidato la parola d’ordine per individuare le persone di cui poteva fidarsi: giovedì.

Le vittime ottonesi durante la lotta di Liberazione

ALBERTO CANEVARI, anni 28, caduto in combattimento il 28.8.1944 a Ca’ Bianca di Torriglia

FRANCO MOLINELLI (CECCHINO), civile, anni 24, fucilato per vendetta il 19.12.1944 presso la chiesa di Campi

SILVIO MOLINELLI, civile anni 30, ucciso per vendetta il 19.12.1944 presso Gorreto

GIANNINO NOBILI, civile, ucciso il 19.12.1944 per vendetta presso Gorreto

Gli internati militari in Germania (IMI)

E’ documentata la cattura dopo l’8 settembre 1943 e l’internamento in Germania per il lavoro forzato di 62 ottonesi sotto le armi a quella data. L’elenco nominativo con una serie di dati per ognuno è consultabile al sito: www.internatimilitaripiacentini.it

                                                                                                                                                                                                               R. R.

Bibliografia

  1. Michele Tosi, La repubblica partigiana di Bobbio, Archivi Storici Bobiensi, 1977
  2. Antonio Testa, Partigiani in Val trebbia, la Brigata Jori, Genova 1980
  3. Giulio Guderzo, L’altra guerraNeofascisti, tedeschi, partigiani, popolo, in una provincia padana. Pavia , 1943–1945, Il Mulino, 2002
  4. L. Cavanna/R. Repetti, Comandanti partigiani giunti da lontano, Edizioni Pontegobbo, Bobbio 2018
  5. Bruno Garaventa, Stefano Malatesta “Croce” Comandante della 3a Brigata Garibaldi  “Jori”, Genova 2025