Fin dal settembre 1943 la cascina Baracca di Roncarolo in comune di Caorso costituisce il fulcro dell’organizzazione della Resistenza nei territori rivieraschi del Po tra la provincia di Piacenza e di Lodi. Determinanti sono la posizione isolata, sprofondata tra i pioppeti di una ampia ansa del Po, la contiguità con i Comuni a ridosso dell’una e dell’altra sponda, la presenza in veste di coordinatore del colonnello Minetti, deciso antifascista, il supporto di Marchesi, proprietario di una grande azienda agricola confinante e la preziosa protezione del parroco di Roncarolo.
Quando, durante l’estate del ’44, le iniziative di contrasto alle forze nazifasciste attivate dall’organizzazione della Baracca diventano sempre più frequenti ed efficaci, i comandi nazisti e fascisti di Piacenza decidono di intervenire drasticamente e, il 26 settembre, lanciano un rastrellamento in grande stile che porta all’incendio e alla distruzione dei fabbricati dell’azienda, alla immediata uccisione di due partigiani presenti, alla cattura delle persone di riferimento organizzativo e all’arresto di oltre cinquanta abitanti del circondario.
Il colonnello Minetti e Fulco Marchesi (due imprevisti antifascisti )
La Baracca è un’azienda agricola molto ben organizzata che si estende per oltre 200 ettari nel territorio di Roncarolo in comune di Caorso, circondata da pioppeti in un’ampia ansa del fiume. Proprietaria è la Saffa, una società con sede a Milano. La cascina è abitata stabilmente da sette famiglie per un totale di una trentina di unità a cui si aggiungono quotidianamente un’altra sessantina di lavoranti.
Qui si verifica un fatto rilevante: contro gli occupanti hitleriani e contro i fascisti di ritorno della RSI scendono in campo, accanto ai vecchi e giovani caorsani antifascisti, anche due anziani signori che in passato antifascisti non erano: l’ex asso dell’aviazione della prima guerra mondiale colonnello Piero Minetti, sfollato da Milano con la moglie e la sorella, e Fulco Marchesi proprietario del Mezzanone, una grande azienda agricola confinante, che è stato a più riprese commissario prefettizio del Comune di Caorso. Solidale con loro è il parroco di Roncarolo, don Francesco Chiesa.
Centro propulsivo della Resistenza
In un primo tempo l’azienda Baracca svolge la funzione di rifugio di antifascisti ricercati, e temporaneamente anche di alcuni ufficiali ex prigionieri fuggiti dal campo di Crotta d’Adda, al cui alloggio e sostentamento si fa carico anche Fulvio Marchesi. È un centro di produzione di propaganda antifascista e antinazista, di raccolta di armi e di generi alimentari. Il colonnello Minetti, estremamente determinato alla lotta contro chi ha occupato il nostro Paese e chi se ne è messo al servizio, già il 20 settembre del ’43 trasferisce personalmente un carico delle armi, abbandonate dai soldati italiani in fuga dopo l’8 settembre, nella zona di Bardi, per un primo nucleo di partigiani che là si va costituendo.
Con la primavera e l’estate del 1944 la Baracca diventa il centro di rifermento delle SAP della Bassa (i sappisti), sede del Comando in capo a Dario Bianchera. È un centro propulsore dell’adesione al movimento partigiano dei giovani renitenti al reclutamento della fascista RSI. Gli appartenenti alle SAP compiono azioni di guerriglia nei confronti delle forze militari tedesche, con ripetuti sabotaggi sulle vie di comunicazione di terra e d’acqua.
La località isolata e la presenza del colonnello Minetti, che nell’ottobre ’43 si è collegato al CLN piacentino appena costituito, la fa ritenere un luogo sicuro per riunioni degli antifascisti. incontrano i componenti del CLN stesso, a volte con la presenza dello stesso Vladimiro Bersani, investito del comando della prima consistente formazione partigiana della val d’Arda, la 38a Brigata Garibaldi. Ad una riunione è presente il Comandante del Comando Militare Nord Emilia, Mario Jacchia “Rossini” .
Il rastrellamento nazifascista del 26 settembre 1944
Le autorità nazifasciste, avvertendo infine la presenza e l’efficacia di questo centro della Resistenza, il 26 settembre 1944 attuano un rastrellamento in grande stile, serrando in una morsa il territorio rinchiuso su tre lati dal grande meandro del fiume Po.
L’operazione porta all’uccisione sul posto di Teodoro Vaccari, un sappista di Caselle Landi e di Giulio Fittavolini, un giovane residente in cascina, all’arresto di una cinquantina di lavoranti e di residenti in zona, alla cattura del Colonnello Minetti e all’incendio della cascina stessa.
Tra i prigionieri portati in carcere a Piacenza e sottoposti a tortura qualcuno parla. Qualche giorno dopo, il 1° ottobre, una seconda spedizione porta all’arresto del parroco di Roncarolo, don Francesco Chiesa, alla cattura di altri denunciati tra cui Fulco Marchesi e di Ezio Finetti.
Dopo una breve permanenza nelle carceri di Piacenza, i maggiori indiziati vengono trasferiti a Parma per gli interrogatori. Di Giacomo Ziliani e Carlo Grazioli di Roncarolo, e di Alberto Ciseri di Caselle Landi non si avranno più notizie. Don Francesco Chiesa verrà rilasciato a seguito di uno scambio con ufficiali tedeschi. Guido Borella, Fulco Marchesi ed Ezio Finetti sono destinati a campi di lavoro e di sterminio in Germania. I primi due faranno una fine tragica mentre Finetti riuscirà a ritornare.
Minetti dopo un tentato suicido e un trasferimento all’infermeria del carcere di san Vittore a Milano, riuscirà rocambolescamente ad evadere e a salvarsi.
M. M.